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Legale231

Il Modello organizzativo 231 nel settore Food

Lo strumento per evitare ingenti sanzioni pecuniarie ed interdittive e per migliorare il sistema di governance e di organizzazione aziendale


Come ormai noto alle imprese, la redazione e concreta attuazione del Modello organizzativo, affiancata dalla attiva vigilanza da parte dell’Organismo di Vigilanza, consente di evitare la condanna della Società ad ingenti sanzioni pecuniarie ed interdittive a seguito della commissione di “reati presupposto” da parte di soggetti apicali e subordinati, in presenza di interesse e vantaggio per l’Ente.


Nel presente articolo si intende evidenziare quello che è l’attuale interesse del Legislatore per il settore Food.


Seppure se ne parli poco, destando maggiore attenzione ed interesse le notizie di condanna delle Società per reati quali corruzione, infortuni sul lavoro, reati ambientali, reati fiscali (di recente introduzione nel novero dei “reati presupposto” 231), anche nel settore Food hanno rilevanza dei reati la cui commissione comporta, in presenza di interesse e vantaggio per l’ente, la contestazione alla società di responsabilità ex D.Lgs. 231/2001.


Tra i reati del settore Food, preme citare le fattispecie già introdotte dall’articolo 25-bis.1 del Decreto, ovvero i delitti contro l’industria e il commercio, tra cui si annoverano la turbata libertà dell’industria o del commercio (art. 513 c.p.), l’illecita concorrenza con minaccia o violenza (art. 513-bis c.p.), le frodi contro le industrie nazionali (art. 514 c.p.), la frode nell'esercizio del commercio (art. 515 c.p.), la vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine (art. 516 c.p.), la vendita di prodotti industriali con segni mendaci (art. 517 c.p.), la fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale (art. 517-ter c.p.), la contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari (art. 517-quater c.p.).


Diverse sono le pronunce della Cassazione e dei Tribunali relative a casi che hanno visto contestati i reati sopra elencati.


A titolo di esempio, si è registrata una decisione avente ad oggetto un sequestro preventivo disposto a carico di una società cooperativa agricola nell’ambito di un procedimento in cui erano contestati agli amministratori i reati di associazione per delinquere e di frode in commercio aggravata ai sensi dell’articolo 517-bis c.p., ed alla società l’articolo 25-bis.1 D.Lgs. 231/2001. In particolare, l’ipotesi di accusa atteneva all’avvenuta commercializzazione di prodotti agroalimentari di qualità diverse da quelle reali, ossia prodotti agricoli non realizzati con il metodo di produzione biologico ma commercializzati come tali, attraverso la concordata e sistematica falsificazione dei registri delle colture, dei registri delle materie prime, dei registri delle vendite, dei documenti di trasporto e delle fatture di vendita, con cessioni a varie ditte ed a terzi, così consentendo alla società cooperativa in questione di conseguire un profitto di rilevante entità, profitto appunto colpito dal vincolo giudiziario.


O, in altro caso, veniva confermato il sequestro disposto nell’ambito di un procedimento in cui il legale rappresentante di società vinicola era indagato in relazione al delitto di cui all'art. 517-quater c.p., e la società, in relazione al reato di cui al D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 25-bis.1. In particolare, l'accusa contestava la provenienza non tracciabile documentalmente, in quanto avvenuta "in nero", di mosto di uve da tavola nella filiera dei mosti di uve da vino destinata alla produzione di "aceto balsamico di Modena" e che la società amministrata dall'indagato risultava autorizzata all'esclusiva lavorazione delle uve da vino e/o degli altri prodotti vitivinicoli da queste derivanti.


In tale ipotesi le contestazioni riguardavano tanto i soggetti apicali quanto la società medesima.


Molte sono poi, le pronunce relative a condanne di soggetti apicali per i reati oggetto di contestazione.


Ad esempio, veniva ritenuta provata la frode in commercio a carico del legale rappresentante di una società per avere posto in vendita centinaia di bottiglie di olio extravergine di oliva recanti sull'etichetta indicazioni fallaci in ordine all'origine e alla provenienza, in particolare attestanti che l'olio era "prodotto e imbottigliato dall'Azienda ….." con olive conferite dalla medesima azienda, laddove esso era in parte confezionato con olive di altra regione e, inoltre, era imbottigliato da altra impresa.


Ancora, si ricorda il caso in cui è stato condannato il legale rappresentante di una industria casearia poiché consegnava agli acquirenti un tipo di mozzarella diversa per qualità da quella ("bufala campana D.O.P.") pattuita e dichiarata, in quanto prodotta parzialmente con latte bufalino surgelato, anziché, come prescritto, con l'impiego esclusivo di latte fresco di mungitura.


In altro caso, si è ritenuto configurato il reato di cui all'art. 516 c.p., vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, a carico del titolare di azienda dedita alla produzione e commercializzazione di carne, nella messa in vendita come carne fresca di puro suino un prodotto contenente anche carne bovina.


E così nel caso di detenzione per messa in commercio di forme di formaggio pecorino, analizzare e ritenute irregolari, in quanto prodotte con latte vaccino in quantità superiore allo 1%, risultando non conforme il prodotto ai precetti normativi.


E’ dunque opportuno ricordare come in ipotesi analoghe, in assenza di adozione ed efficace attuazione del Modello di Organizzazione e Gestione e in presenza di un interesse e/o vantaggio a carico della società (si pensi, ad esempio, all’abbattimento dei costi di produzione nell’utilizzo di materie prime diverse da quelle dichiarate), ben potrebbe profilarsi anche una responsabilità amministrativa della società, con le pesanti conseguenze sanzionatorie previste.


Fatto salvo quanto sopra espresso in merito ai reati del settore Food che sono già “reati presupposto” 231, si tiene ad evidenziare, restando sempre nel tema del maggiore interesse del Legislatore per il settore Food, l’esistenza di un Disegno di Legge (“Nuove norme in materia di illeciti agroalimentari”) che ha come obiettivo il contrasto al fenomeno dei foodcrimes, sempre più diffuso anche in forma organizzata ed associativa, che lede l’eccellenza del made in Italy nella filiera produttiva e nelle successive fasi del trasporto e della distribuzione.


La riforma interviene sul codice penale e sulla legislazione speciale del settore agroalimentare con riguardo alla sicurezza degli alimenti, alla salvaguardia della salute pubblica e in materia di frodi nel commercio di prodotti alimentari al fine di sviluppare una maggiore tutela del consumatore, delle indicazioni geografiche, del diritto alla trasparenza,

del patrimonio del settore dell’agricoltura e della salute pubblica.


Il Legislatore propone, infatti, una riorganizzazione della categoria dei reati alimentari già esistenti e del quadro sanzionatorio, attraverso la revisione dei delitti quali l’avvelenamento di acque o di alimenti, la contaminazione, adulterazione o corruzione di acque o di alimenti, l’introduzione dei delitti di produzione, importazione, esportazione, commercio, trasporto, vendita o distribuzione di alimenti pericolosi, omesso ritiro di alimenti pericolosi, informazioni commerciali ingannevoli pericolose e di disastro sanitario.


La necessità di valorizzare la tutela del “patrimonio agroalimentare” porta il Legislatore alla rivisitazione delle fattispecie di reato a tutela del commercio di prodotti e l’inserimento di reati quali l’agropirateria, la frode in commercio di prodotti alimentari e la vendita di alimenti con segni mendaci.


Le novità assumono un impatto dirimente sulla disciplina della responsabilità amministrativa degli enti ex D.Lgs. 231/2001 in quanto si prevede l’inserimento, all’interno del catalogo degli illeciti presupposto, dei reati di frode in commercio di prodotti alimentari, vendita di alimenti con segni mendaci, contraffazione di alimenti a denominazione protetta, agropirateria, avvelenamento di acque o di alimenti, contaminazione o corruzione di acque o alimenti, adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari, informazioni commerciali ingannevoli pericolose, disastro sanitario e i delitti colposi contro la salute pubblica.


Di notevole rilievo è la previsione dell’introduzione di uno specifico Modello di organizzazione all’Ente qualificabile come “impresa alimentare” (con la descrizione puntuale dei requisiti minimi e delle regole cautelari da rispettare) che se adottato ed efficacemente attuato, come già previsto dall’articolo 30 del D.Lgs. 81/2008 in materia di salute e sicurezza sul lavoro, può avere efficacia esimente (o attenuante) dalla responsabilità della società in caso di commissione dei delitti contro l’industria e il commercio già presenti nel catalogo 231 e dei reati agroalimentari e contro la salute pubblica di prossima introduzione nel Decreto.


Pertanto, qualora l’Azienda operante nel settore Food si sia dotata di un Modello organizzativo e gestionale rispondente ai requisiti specifici previsti dalla Legge (es. rispetto degli standard relativi alla fornitura di informazioni sugli alimenti, verifica sui contenuti delle comunicazioni pubblicitarie, vigilanza con riferimento alla rintracciabilità, controllo sui prodotti alimentari ai fini di garanzia della qualità, sicurezza e integrità dei prodotti e delle relative confezioni in tutte le fasi della filiera; procedure di ritiro o di richiamo dei prodotti alimentari non conformi ai requisiti di sicurezza degli alimenti, ecc.), nel caso in cui si verifichi uno dei reati sopra indicati, andrà esente dalla condanna al pagamento di ingenti sanzioni pecuniarie ed eviterà di incorrere nel rischio di essere destinataria di sanzioni interdittive.


L’introduzione dei nuovi reati agroalimentari rappresenta pertanto l’occasione per le Aziende di dotarsi di Modello organizzativo, sistema peraltro di ausilio anche come strumento di prevenzione della commissione di altri reati, ovvero degli altri “reati presupposto 231” già a tutti noti da tempo, quali a titolo di esempio i reati contro la P.A., i reati societari, i reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro, i reati ambientali, i reati fiscali, i reati informatici.


Se ad oggi l’adozione del “Modello 231” non è obbligatoria (pur esistendo progetti di legge in tal senso per determinate categorie di enti), è chiaro come tale scelta, in ragione dei plurimi effetti benefici e premianti, sia fortemente raccomandabile.


E’ utile infatti ricordare che numerosi sono i vantaggi che conseguono all’adozione di un Modello ex D.Lgs. 231/2001:


- miglior «rating di legalità» ed accesso agevolato a finanziamenti pubblici e credito bancario;


- finanziamenti INAIL ex art. 11 D.Lgs. 81/2008;


- riduzione del tasso medio di tariffa INAIL;


- criterio imprescindibile per la partecipazione a determinati bandi di gara;


- ecc.


Si ricordano inoltre gli incentivi Inail (Bandi ISI INAIL) che includono, tra i progetti finanziabili, quelli per l’adozione di modelli organizzativi ex D.Lgs. 231/2001.


I benefici derivanti dall’adozione di un modello sono quindi indubbi e certamente ripagano, nel lungo periodo, lo sforzo economico collegato all’attuazione dei presidi organizzativi dettati dal D.Lgs. 231/2001.




Daniela Altare


Carlotta Gribaudi


Ilaria Tolio

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